Il Consiglio dei ministri dell’Unione europea ha approvato la direttiva Ue sulla protezione dei whistleblower, una direttiva con un raggio di azione molto più ampio di quello descritto dalla legge italiana (n. 179/2017).
La normativa europea, che dovrà essere recepita entro un biennio dagli stati dell’Unione, prevede un ampliamento della figura del whistleblower, ricomprendendovi non solo manager e dipendenti, ma anche figure esterne all’azienda, come lavoratori autonomi o consulenti, tirocinanti o freelance.
L’estensione della tutela del whistleblower si registra anche considerando le aziende tenute ad adeguarsi: tutte le imprese private con più di 50 dipendenti o con un fatturato annuale superiore a 10 milioni di euro. Saranno esentate le piccole e micro imprese, salvo quelle operanti nel settore finanziario o a rischio di riciclaggio.
Un’altro profilo di ampliamento della disciplina si coglie a proposito degli interessi tutelati infatti, mentre nella situazione italiana le segnalazioni sono ristrette ai soli illeciti (i cosiddetti reato presupposto) considerati nel decreto legislativo 231/2001, la direttiva europea vi include ulteriori settori, come ad esempio la tutela della privacy e della protezione dei dati; elemento che porta peraltro a considerare un possibile inserimento dei reati previsti dal codice della privacy recentemente aggiornato dal D.lgs. 101/2018 tra i reati presupposto elencati nel citato D.lgs. 231/2001.
La direttiva prevede anche la designazione di un referente aziendale (un ufficio o una persona) incaricata di ricevere la segnalazione e di darvi seguito entro tre mesi. Su tale profilo invece la normativa italiana parla per il momento solo di «canali informativi» e non esplicita un termine per la trattazione della notizia.