Le caratteristiche di rischio di alcuni specifici paesi, il rischio pandemico, la situazione geopolitica in corso e la necessità di muoversi per lavoro, hanno sempre più posto il problema di considerare e garantire la salute e sicurezza del proprio personale dipendente durante i viaggi d’affari, conformandosi alle leggi e alle normative in vigore.
Quali sono i riferimenti normativi del Travel Risk Management?
Le modalità di gestione della sicurezza sul lavoro all’estero vanno sensibilmente differenziate a seconda che:
- il Paese in cui si invia il lavoratore o la lavoratrice sia “in area UE”;
- il Paese in cui si invia il lavoratore o la lavoratrice sia in un Paese “extra UE”.
Per entrambe le situazioni vale un principio:
la volontà delle parti decide quale regime normativo applicare. Il regime applicato non può privare però i lavoratori della protezione assicuratagli dalle norme imperative previste dalla legge, che sarebbe applicabile in mancanza di scelta (quella in cui si trova la sede che ha provveduto ad assumere il lavoratore).
In caso di invio di un lavoratore presso un Paese UE, è possibile per il datore di lavoro fare affidamento su un “substrato” comune di regole che permette una sorta di reciprocità tra i regimi giuridici applicabili (es direttiva 89/391).
Ne deriva che qualunque sia lo Stato dell’Unione Europea in cui venga svolta la prestazione, purché questo abbia recepito le direttive comunitarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro, applicando la normativa locale, vengono sicuramente garantite misure di prevenzione con i livelli essenziali di tutela equivalenti a quelli italiani.
Nel caso di invio di un lavoratore in un Paese Extra UE non è, invece, possibile fare affidamento su un sistema uniforme tra il Paese di provenienza ed il Paese extra UE. Anche nei Paesi extracomunitari il datore di lavoro dovrà garantire livelli di tutela equivalenti a quelli previsti dalle norme di prevenzione del nostro Paese.
Le parti conservano la facoltà di scegliere la legge applicabile al rapporto di lavoro, ma, il datore di lavoro non può sottrarsi all’obbligo di predisporre le necessarie misure di sicurezza e di prevenzione in relazione all’attività e all’ambiente di lavoro, in grado di raggiungere il livello di protezione previsto dalla legislazione nazionale e in particolare dal D.Lgs. 81/2008.
In conclusione, quand’anche si applicasse la normativa locale, la stessa dovrà comunque essere integrata con i principi che impongono la garanzia di livelli di tutela almeno pari a quelli previsti dall’ordinamento italiano.
La normativa applicabile in ambito salute e sicurezza
Art. 2087, Codice Civile
Vale in ogni caso la norma di chiusura dell’articolo 2087 del Codice civile che ricorda che:
L’imprenditore deve adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.
Ciò significa garantire:
- il rispetto del complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro;
- l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno.
D.Lgs. 81/2008 – Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro
Viene richiesto al datore di lavoro di valutare tutti i rischi e di formare e informare il proprio personale su tutti i possibili rischi ai quali essi potrebbero andare incontro, includendo anche i cosiddetti rischi atipici esogeni, cioè quelle tipologie di rischio che non trovano origine nelle mansioni svolte (tra questi quelli relativi ai viaggi ed alle trasferte all’estero).
Legge 398/1987, Art 2 modificata dal D.Lgs. 151/2015, Art 18
Prevede che il contratto di lavoro per lavoratori italiani da impiegare o trasferire all’estero consideri:
- un’assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo stesso, per i casi di morte o di invalidità permanente;
- il tipo di sistemazione logistica;
- idonee misure in materia di sicurezza.
Legge 17 aprile 2015, N° 43 (misure per il contrasto al terrorismo), Art. 19-bis. – (Disposizioni in materia di sicurezza dei viaggiatori)
Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, avvalendosi anche del contributo informativo degli organismi di informazione ai sensi della legge 3 agosto 2007, n. 124, rende pubblici, attraverso il proprio sito web istituzionale, le condizioni e gli eventuali rischi per l’incolumità dei cittadini italiani che intraprendono viaggi in Paesi stranieri.
Il rischio viaggio è safety o security?
A questa domanda – la cui risposta è facilmente ricavabile semplicemente dalla lettura ed interpretazione delle norme esistenti – ha dato un contributo interpretativo l’interpello 11/2016 che così argomenta rispetto al fatto che tali rischi possano considerarsi oggetto di security e non di safety con tutte le conseguenze in termini di responsabilità che ciò comporta:
La giurisprudenza
La giurisprudenza in merito – ed in particolare quella relativa al caso Bonatti – ha stabilito i seguenti principi:
- necessità di valutazione del rischio specifico;
- procedimentalizzazione della gestione del rischio;
- informazione ai lavoratori;
- vigilanza sull’assetto procedimentale individuato.
Perché implementare un sistema di gestione ISO 31030 – Travel Risk Management
L’implementazione della ISO 31030 è di supporto ai datori di lavoro nella gestione delle numerose implicazioni legali in termini di gestione dei viaggi e trasferte, insieme alla normativa sulla sicurezza dei viaggiatori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità o le linee guida dell’International SOS Foundation.
Facilita inoltre la conformità alle normative italiane vigenti, salvaguardando la sicurezza sul lavoro e adempiendo agli obblighi esclusivi, personali e non delegabili, di cui sono responsabili i datori di lavoro.
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